Grano e segale, due coltivazioni storiche per la Calabria, diverse quanto basta per essere fonte di reddito e opportunità di differenziazione in campo alimentare in una terra che ha saputo sfruttare a più livelli le potenzialità inespresse di queste produzioni.
La cultura e le abitudini alimentari oggi sembrano accoglierli con maggiore favore, soprattutto la segale. Vediamo insieme le loro caratteristiche e differenze.
Il grano, il re dei cereali italiani
Il grano (Triticum aestivum) è il re indiscusso dei cereali italiani. Coltivato su vasta scala, è alla base della nostra dieta mediterranea. In Calabria, le pianure e le colline delle province di Crotone e Catanzaro sono particolarmente vocate per la produzione di grano duro. Con oltre 17.000 ettari dedicati alla cerealicoltura e una resa media di circa 50 quintali per ettaro, il grano rappresenta un pilastro per l’economia agricola locale.
Il grano duro è il più diffuso: l’Italia è il leader europeo con oltre 1,2 milioni di ettari coltivati contro i 500 mila di grano tenero e una produzione nazionale stimata in oltre 4 milioni di tonnellate nel 2023 (+12% rispetto al 2022). La Calabria contribuisce a questi numeri con circa 35.000 ettari complessivi dovuti al grano duro che copre oltre il 70% della cerealicoltura regionale.
Perché puntare sul grano
Investire nel grano significa affidarsi a un mercato consolidato. La domanda è costante, sia nell’industria della pasta sia nella panificazione e può, quindi, garantire maggiore stabilità economica alle imprese agricole. Inoltre, l’adozione di diverse varietà permette di ottimizzare le rese e contenere i costi di produzione.
Inoltre, puntando a progetti di agricoltura biologica e pratiche di rotazione colturale, si può contribuire a valorizzare ulteriormente il territorio e rispondere a una domanda sempre più attenta alla qualità e alla tutela dell’ambiente.
La segale, cereali della resilienza
La segale (Secale cereale) è una pianta più rustica rispetto al grano, capace di resistere a condizioni climatiche avverse e a terreni poveri. È meno diffusa, ma sta conoscendo un nuovo interesse grazie alla richiesta di prodotti salutari.
Le zone montuose della Calabria, come la Sila e le aree interne del Pollino, offrono condizioni ideali per questa coltura. La segale calabrese si presta a una panificazione di nicchia, produce pani dal sapore intenso e dall’alto contenuto di fibre e nutrienti che si mantengono per giorni.
In Italia, le superfici coltivate a segale si aggirano intorno ai 6.000 ettari, con una produzione concentrata principalmente nelle regioni settentrionali e in alcune aree montane del Sud. In Calabria, la segale è coltivata su circa 1.500 ettari, una superficie modesta ma in crescita, specialmente nelle aree con terreni marginali. La resa media è di circa 20 quintali per ettaro, inferiore a quella del grano ma compensata dai minori costi di gestione.
Perché investire nella segale
La segale rappresenta un’opportunità per le aziende che vogliono diversificare. La sua resistenza ai climi rigidi e ai terreni poveri significa minori input agricoli e, quindi, costi operativi ridotti. Il mercato della segale è in crescita, spinto dalla domanda di prodotti di nicchia come pane, biscotti e alimenti salutari. Promuovere prodotti come il pane di segale tradizionale può attrarre turisti e consumatori attenti alla salute e alla sostenibilità. Nonostante la produzione minore, la segale offre un valore aggiunto proprio grazie al crescente interesse per i prodotti locali realizzati con prodotti genuini. Rappresenta insieme al grano e frumento le radici di una cultura antica.
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